Women for security è una community di professioniste che operano nel mondo della sicurezza informatica. Da tempo si batte per rendere il web un posto più sicuro per le donne, lavorando su più fronti: prevenzione dei rischi, consapevolezza dei pericoli cui si può andare incontro e informazione su come difendersi.
Sicurezza informatica al femminile: il reato di revenge porn
Le parole inglesi “revenge porn” indicano la diffusione illecita di immagini o di video sessualmente espliciti. Purtroppo è un fenomeno in costante crescita anche se, dall’agosto del 2019, è stato dichiarato reato.
Sono sempre più le donne che necessitano di tutela e, proprio per questo, una buona informazione resta una base indispensabile. Ben il 91% delle donne ha dichiarato di essere ben informata sul problema della diffusione non consensuale di materiale intimo. Un dato piuttosto confortante, soprattutto se si tiene conto del fatto che, ad essere intervistate, non sono state solo le native digitali, ma anche donne più mature. Purtroppo non è sufficiente perché, come conferma una ricerca condotta da Women for Security, il problema non accenna a diminuire.
Women for security e la sicurezza informatica in Italia
In Italia, per cercare di contrastare il problema, è stata fondata Women for security: una community di professioniste operanti nel mondo della sicurezza informatica. Si tratta di esperte informatiche che lavorano col sostegno del Clusit (l’Associazione italiana per la sicurezza informatica) con l’obiettivo di creare un web più inclusivo e sicuro per le donne.
Anna Vaccarelli è la prima tecnologa dell’Istituto di Informatica e telematica del Cnr e Registro.it, oltre ad essere, naturalmente, una preziosa componente di Women for security. E’ proprio lei a raccontare la nascita di questa importante Community:
“Con le colleghe ci siamo incontrate perché lavoriamo nel settore da diversi anni, in ambiti diversi. E ci siamo accorte che se ci fossimo date una struttura avremmo potuto incidere su alcuni comportamenti della rete”.
Un punto di partenza fondamentale che lotta per spiegare il reato e per insegnare a difendersi con consapevolezza. Migliorare il comportamento delle utenti in rete è fondamentale per diffondere una cultura del web più consapevole.
Women Security
Women Security è una nuova community tutta al femminile nata con l’obiettivo di mettere a disposizione delle utenti che fruiscono del web, le loro competenze in ambito information security. Opera con il sostegno del Clusit e svolge, attraverso diverse iniziative, l’importante compito di informare e responsabilizzare. La Community mira a coinvolgere le professioniste italiane della sicurezza cyber e si fonda su valori come:
- competenze
- condivisione
- crescita
La fondatrice è Cinzia Ercolano, CEO di Astrea e oggi membro dell’Advisory Board di Women For Security. I temi affrontati sono quelli della ricerca, tecnologie, divulgazione scientifica e culturale. Ma anche aspetti legali, comunicazione e marketing. Women for security lavora anche per aiutare tutte le professionista che sono alla ricerca di opportunità di crescita individuale e lavorative.
I profili delle donne coinvolte sono molto eclettici e spaziano dalle professioniste ricercatrici, ai profili tecnici, passando per quelli in ambito legale, della comunicazione, del marketing e di vendita.
Women for security: obiettivo “scelte consapevoli”
Anna Vaccarelli, una delle informatiche facenti parte di Women for security, spiega che:
“La cosa più importante, lo ribadisco, è creare consapevolezza, parlando dell’argomento: è l’unica strada verso un web più sicuro per le donne. È necessario che ci sia un’abitudine al comportamento corretto”,
Non tutti, e non è una discriminazione di genere, siamo allo stesso livello informatico. Ecco perché è importante conoscere come comportarsi nel web. Facciamo un esempio partendo da una delle questioni più scottanti: le foto. C’è ancora chi pensa di poter mantenere la proprietà ed il controllo sulle foto inviate senza rendersi conto del fatto che, una volta invitata una foto, se ne perde automaticamente il controllo.
Tutto resta salvato e, anche l’utilizzo delle chat cifrate non garantisce sicurezza perché resta sempre la possibilità di salvare le immagini facendo screenshot.
Attenzione, non si vuole colpevolizzare quelle che, è bene ribadirlo, sono le vittime del reato di Revenge Porn. Si sta solo affermando che è importante rendere chiaro a tutte i rischi e le conseguenze cui si può andare incontro in modo da permettere ad ogni donna di fare scelte personali consapevoli.
Facendo un’analisi accurata delle potenziali vittime, la Vaccarelli spiega che:
“Le giovani sono più smanettone, ma non per forza consapevoli dei rischi connessi. Se si riesce a intervenire fin da subito sulle ragazze, mano a mano avremo una popolazione più consapevole circa la vita in rete. Lavorare sulle donne mature è più complicato. Se le prime si possono intercettare anche attraverso la scuola, dalle elementari alle superiori con incontri nelle ore di cittadinanza digitale, che negli ultimi dieci anni sono richiestissimi, le seconde sono più complicate da trovare“.
Il reato di revenge porn
Le parole inglesi “revenge porn” servono ad indicare la diffusione illecita di immagini o di video sessualmente espliciti.
Si tratta di un comportamento che in Italia, dal 9 agosto del 2019, costituisce reato.
Il delitto è stato introdotto al fine di contrastare la preoccupante e deprecabile tendenza di diffondere foto e video hard senza nessuna autorizzazione, spesso con lo scopo di attuare una vendetta personale. Si tratta di un comportamento grave, che va a a ledere la privacy, la reputazione e la dignità della vittima.
Ma cosa dice la legge? La legge 19 luglio 2019 n. 69, all’articolo 10 ha introdotto anche in Italia il reato di revenge porn, con la denominazione di diffusione illecita di immagini o di video sessualmente espliciti.
L’articolo 612 ter del codice penale rubricato “Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti”.
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video di organi sessuali o a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate, è punito con la reclusione da uno a sei anni e la multa da 5.000 a 15.000 euro.
La stessa pena si applica a chi, avendo ricevuto o comunque acquisito le immagini o i video li invia, consegna, cede, pubblica o diffonde senza il consenso delle persone rappresentate al fine di recare loro nocumento.
La pena è aumentata se i fatti sono commessi dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se i fatti sono commessi attraverso strumenti informatici o telematici.
Sicuramente le vittime (non per forza di genere femminile) possono sentirsi più tutelate. Resta il fatto, però, che a monte deve esserci un comportamento consapevole ed informato.